Skip to main content
Germania e la (IN) stabilità politica
0826d0e4-155a-11e7-9e29-0242ac11000d.pexels-photo-243140.jpeg

Lo scenario geopolitico: dai summit mancati all’Europa “snobbata”

La settimana appena trascorsa ha avuto più colpi di scena di una serie TV. Gli elementi principali sono:

  • Negoziati USA–Russia: qui siamo sul genere “due è compagnia, tre è folla”, perché gli Stati Uniti sembrano voler gestire la questione ucraina con la Russia escludendo (ahinoi) l’Europa, come se fossimo lo zio lontano invitato solo alle cene di famiglia “quando serve”.
  • Scambio proposto all’Ucraina: l’amministrazione Trump (che suona un po’ come “un business man all’avventura”) avrebbe offerto un piano di pace in cambio del 50% delle terre rare ucraine, risorsa preziosissima e fondamentale nei settori high-tech e automotive.
  • Europa in crisi di nervi: le reazioni dei leader europei oscillano tra l’incredulo (“Ma come osi farci da parte?”) e il confuso (“E adesso che si fa?”). Lo storico “asse” con gli Stati Uniti – che dal secondo dopoguerra ha garantito protezione e investimenti – sembra scricchiolare. Ormai, l’Europa rischia di essere considerata strategica solo come meta di vacanze per gli americani.
  • Elezioni in Germania: la CDU torna al Governo dopo il disastro fatto in questi anni dal’SPD di Sholz ma il vero vincitore è l’estrema destra di AFD. AFD infatti raddoppia i voti rispetto alle scorse elezioni passando dal 10% al 21% di consensi. Ora la CDU deve impostare un Governo alleandosi con l’SPD lasciando all’opposizione gli estremisti di AFD e i Verdi, ma quanto durerà questo connubio centro destra + centro sinistra?

Nota: secondo l’International Monetary Fund (IMF), l’area dell’euro nel 2023/2024 si gioca una partita complicata. La crescita media prevista per quest’anno è intorno allo 0,8–1%, con un’inflazione che rimane più alta del desiderato (tra il 5% e il 6% in diverse nazioni dell’Eurozona). Insomma, non esattamente un trionfo che ci metta al centro delle attenzioni globali.

Il summit di Parigi (senza gli USA) e il discorso “Whatever it takes Bis” di Draghi

La settimana si è aperta con un vertice di emergenza a Parigi, convocato dal Presidente Macron come risposta “stizzita” all’esclusione europea dai negoziati sul conflitto Russia-Ucraina. All’ordine del giorno, grandi principi e slogan patriottici, ma poche soluzioni pratiche.

La svolta, o il tentativo di svolta, è arrivata quando Mario Draghi ha preso la parola all’Europarlamento (certo, lui ora non è più Presidente della BCE, ma rimane sempre “Super Mario” che conosciamo: pragmatico e diretto). Ecco che si è parlato di un vero e proprio “Whatever it takes Bis”, un appello all’Europa a fare di più, insieme, subito. Un appello quasi rassegnato che, in poche parole, mette a nudo l’immobilismo europeo fermo su posizioni ideologiche e bloccato da veti incrociati. L’Europa dal dopo guerra ha vissuto grazie a una “cambiale in bianco” dagli Stati Uniti che avevano tutto l’interesse ad avere il controllo de facto sul continente. Oggi non abbiamo nessun appeal per gli americani (tranne che per le vacanze): non abbiamo tecnologia, non abbiamo risorse, non c’è più una minaccia comunista che sconvolge l’ordine mondiale, non abbiamo capitali. Lo scacchiere mondiale si è spostato sempre più verso Oriente e noi siamo senza leadership, senza idee e senza difese in un mondo dove il presidente degli Stati Uniti ragiona con logiche da businessman.

Link discorso Draghi: https://www.youtube.com/watch?v=kK29xFcG1X0

Estratto del discorso:

« Dite no al mercato unico dei capitali, dite no al debito comune, dite no al debito pubblico, non potete dire sempre no! Altrimenti dovreste anche ammettere ed essere coerenti col fatto che non siete in grado di rappresentare i valori fondanti dell’Unione Europea. Quindi, quando mi chiedete “cosa è meglio, cosa dovremmo fare adesso ecc?”….NON NE HO IDEA, MA FATE QUALCOSA» altrimenti andiamo tutti a casa e amici come prima (questo non mi risulta sia stato detto da Draghi ma aggiunto da me!)

Nel frattempo, i leader del Vecchio Continente continuano a dividersi su tutto (dall’energia alla riforma del bilancio, passando per le politiche migratorie). Da qui, due possibili vie d’uscita:

  1. Un’Europa unita (o almeno più unita di come lo siamo adesso), capace di trovare una voce unica in politica estera ed economica. L’Europa è famosa per trovare le forze nei momenti di difficoltà, e forse questo inizia ad essere quello più grave dal punto di vista identitario dalla crisi dei debiti sovrani.
  2. Il lento declino: perché, come la storia insegna, quando l’ultimo treno parte, se non si sale a bordo, ci si ritrova fermi al binario.

Il calo del mercato dagli Stati Uniti di venerdì e lo spauracchio Covid

Intanto dal punto di vista borsistico continua la sottoperformance degli stati uniti rispetto all’Europa. In particolare nella giornata di venerdì c’è stata una repentina accelerazione al ribasso del mercato statunitense a borse europee chiuse. I motivi sono due. I dati americani sul consumer sentiment si sono mostrati in ribasso con una inflazione ancora persistente. Tutto lo scorso anno il mercato americano ha fatto faville nonostante le minacce di tariffe e l’inflazione persistente solo perché il consumatore americano restava forte. Segnali di scricchiolio da questo punto di vista possono minare l’equilibrio fragile del mercato equity americano che è ben presente nei portafogli mondiali e quindi “di consenso”. Il secondo motivo del sell off di venerdì è dato da un report di una testata scientifica cinese che parla di una possibile variante nuova di Covid che potrebbe trasmettersi con le stesse modalità del Covid 19 (https://www.scmp.com/news/china/science/article/3299491/chinese-team-finds-new-bat-coronavirus-could-infect-humans-same-route-covid)

Italia: M&A tra Saipem e Subsea 7, nasce un colosso europeo nell’oil servicing

Nel weekend è stata annunciata la prima fusione di grandi dimensioni del 2025: Saipem, il colosso italiano dell’oil servicing, si fonde alla pari con la norvegese Subsea 7 leader nel mercato offshore. Il deal creerà un gigante da 10 miliardi di euro con sinergie stimate per 300 milioni e la leadership nel mercato dell’oil servicing. CDP ed ENI saranno i soci di controllo dal lato italiano.